giovedì 31 luglio 2008

C'è un posto

C’è un posto in una borgata che non è ancora stata violata. Un posto a cui si arriva attraverso un cancello arrugginito precariamente appoggiato un paio di pilastri diroccati. Un posto dove il suolo è ricoperto da un morbido mare verde, il cielo schermato da una macchia verdeviola di glicine e dove qualche mano sapiente ha decorato il fondale con una scritta viola con netti bordi color blu elettrico  tutta spigoli e linee rette che ancora non sei riuscito a decifrare e ti terrà piacevolmente occupato per i prossimi minuti. Un posto dove i soli rumori che sentite sono quelli delle cicale, delle api che volano pigre in cerca di polline, dell’irrigatore che si prende cura di una porzione di prato a qualche decina di metri e dei rari passi che percorrono l’anello di ghiaia che circonda l’isola verdeviola.
Siete tu e l’Amoretuo seduti con le schiene poggiate al tronco del glicine. Un libro per uno posato sulle gambe [tu stai leggendo un libro scritto per la metà in verde, vedi tu le coincidenze] a parlare di niente o del nulla mentre il senso della scritta ti si palesa a tratti. L’aria è immobile, ma lì sotto per lo meno si respira.
Roma fuori è stata abbandonata da tutta quella gggente che non si capisce perché la frequentino e sono rimasti solo quelli che la amano davvero e quelli che non hanno altro mondo. Il tempo è immobile ed è tutto per voi.
Mentre il cielo si tinge di scuro e offusca le cose con un velo sfumato, tu, dopo ore di lettura, chiacchiere, sgranchite, coccole e altro dai un’ultima occhiata alla scritta mentre riponi i libri nello zaino e la decritti in tutto il suo significato. Allora sorridi, benedici i writers, abbracci l’Amoretuo e, con un braccio intorno al suo fianco, varchi il cancello arrugginito.
Mentre fai scattare la chiusura centralizzata sai che stavolta il Supremo [conscio della tua semisordità] le cose te le ha volute scrivere a [per te] chiare lettere.