Come
 dicevano gli Iron Maiden? “Straniero in terra straniera / Terra di 
ghiaccio e neve / Intrappolato in questa prigione / Sperduto e lontano 
da casa”2. Così si sente stasera Marco Male. Bloccato in questo squallido locale da qualche parte di questa città assediata dalla neve.
     Tutto
 ha inizio otto giorni fa quando Marco riceve una telefonata da un amico
 del Nord che lo invita a passare da lui una settimana insieme ai soliti
 amici di sempre (“Sai, una roba tra il grande freddo senza morti e i 
films di Salvatores, insomma la solita storia”).
     Concordati
 i nominativi e fatti i bagagli lo staff romano parte per la sua 
vendetta sui barbari che osarono attaccare la Città Eterna e i primi sei
 giorni passano portando con se’ Reggae, notti insonni e placido 
cazzeggio.
     La
 sera del settimo giorno i nostri hanno tutte le intenzioni di seguire 
l’esempio del Signore e riposarsi; vengono invece invitati a partecipare
 alla festa nel locale squallido di cui sopra, organizzata proprio in 
onore della loro partenza.
     L’atmosfera
 è noiosa, la musica assordante e il bar è sprovvisto di Absolut. La 
pista è affollata da gente annoiata che cerca il suicidio affogando nel 
sudore. Marco, che non balla, sta seduto su un divanetto buio a scaldare
 un bicchiere di Rum cubano facendo finta di ascoltare un tipo del cui 
discorso non sente nemmeno una parola. I compagni di razzie, sconfitti 
dall’alcol e dal THC, agonizzano in altri divanetti o al cesso.
     Finalmente,
 dopo un numero tot di ore, il locale comincia lentamente a svuotarsi. 
Radunati i resti del drappello e fatti i saluti di dovere, Marco si 
avvia verso l’uscita. Sulla porta si imbatte in una ragazza che lo 
saluta imbarazzata e lo guarda con lo sguardo ho-una-gran-voglia-di-fondermi-con-te -ma-sono-troppo-timida, lui atteggia il volto a spiacente-ma-sono-troppo-bruciato-dalla-vita
 ed esce pensando che forse ha rinunciato a un piacevole fineserata, ma 
ha lasciato dietro di se’ l’ennesimo cuore incrinato e ciò gli regala una
 piacevole sensazione lungo la spina dorsale.
     Fuori,
 nella nebbia del piazzale, viene assalito dal tipo della tipa, della 
quale evidentemente aveva frainteso lo sguardo, geloso nonché offeso che
 la “sua donna” sia stata rifiutata. 
     Marco è un nonviolento, ma non un fesso e
 reagisce all’attacco: compie una serie di rapidi movimenti, poi lo 
fissa e gli fa: “Probabilmente non hai capito quello che ti è successo, 
perciò te lo spiego: la chiave della manette che ti stringono i polsi 
dietro la schiena è allucchettata ad uno dei passanti anteriori dei tuoi
 jeans, la chiave del lucchetto ce l’ho io; perciò se vuoi liberarti 
devi trovare qualcuno che ti cali i calzoni. Riportami tutto domattina 
alle undici alla stazione centrale e ore levati dalle palle. Stop”. 
Dopodiché monta tranquillamente in macchina lasciandolo ad urlare 
istericamente cercando di radunare gli amici troppo ubriachi per capire 
qualcosa e parte in direzione Sud.
     La
 cosa che lo fa più ghignare in tutta questa storia è che domani alle 
undici meno un quarto, mentre lui sarà già alle porte di Roma col sole 
che lo scalda attraverso il parabrezza, una nutrita schiera di teste di 
cazzo incazzate batterà alla sua ricerca la stazione centrale di una 
nebbiosa città del Nord assediata dalla neve.